
Glenn Sturgis - Superstore, season 6 - fonte immagine TMDB.org
Glenn Sturgis è il manager che ogni azienda vorrebbe o dovrebbe avere?
Superstore è una commedia focalizzata sul posto di lavoro ed è strutturata come una vera e propria sitcom.
Grazie ai temi trattati, tra cui quello sui diritti dei lavoratori, ha subito fatto appassionare un grande pubblico. Peccato, però che, probabilmente, non sia stato abbastanza, dal momento che è stata cancellata, a malincuore, al termine della sesta stagione. Superstore cerca di combattere tutti gli stigmi legati alla classe operaia, soprattutto dei lavoratori di un negozio al dettaglio.
Nonostante venga trattato con ilarità, chi ha svolto un lavoro del in questo settore nella propria vita, può sentirsi pienamente rappresentato.
La serie tv, non solo rappresentava tutte le persone, ma raccontava i loro bisogni, sogni e gli sforzi per crearsi qualcosa di soddisfacente.
Dall’immigrazione, alla difficoltà a vedersi riconosciuti diritti universali, come la copertura sanitaria, all’assenza di congedi sino all’obbligo di lavorare normalmente nonostante l’arrivo di una pandemia mondiale.
Superstore ha ritratto un quadro perfettamente corrispondente alla realtà, senza sradicarsi e senza tralasciare discorsi che potessero essere ritenuti troppo politici.
Uno dei personaggi che più ha attirato l’attenzione è Glenn Sturgis, interpretato da Mark McKinney, il manager del Cloud 9 store 1217 dal 1989.
Glenn è un Cristiano evangelico con convinzioni che non si allineano quasi mai con le difficoltà dei lavoratori o dei responsabili dei reparti come Amy, interpretata da America Ferrera, o da Jonah, interpretato, invece, da Ben Feldman.
È, purtroppo, il tipo che si potrebbe considera come “bloccato” nella sua stessa bolla di convinzioni.
Diretto e schietto sulle sue posizioni anti-aborto e sulle sue opinioni fortemente religiose. Molte volte, la sua, è più ignoranza e noncuranza ad aprire gli orizzonti e vedere altri punti di vista, soprattutto quando si tratta di lotte dei lavoratori. Il suo essere estremamente aziendalista, lo rende più un burattino in mano alla società che un uomo di carattere.
Glenn, però, non è assolutamente cattivo. Anzi, è spesso l’immagine dell’innocenza, e speso commette errori come frodi accidentali, ma qualunque cosa possa percepite come eticamente sbagliato, lo distrugge.
Anche quelle poche volte che riesce ad esprimere liberamente le sue opinioni, non è mai troppo chiaro, cercando di rimanere super partes e non lasciarsi coinvolgere troppo. Non è menefreghista, è solo debitore all’azienda che gli ha permesso di lavorare per più di trent’anni.
Dall’altra parte, la sua incapacità nel prendere posizioni, lo fa cadere spesso vittima dei capricci dei superiori, che quasi ogni volta ignorano il gradino inferiore dei dipendenti e mirano a proteggere i gradi più alti della gerarchia aziendale.
Glenn, però, nel corso delle sei stagioni, è anche il personaggio che più si evolve e arriva alla fine della serie tv cambiato.
Impara, cresce in modo naturale e, man mano che la serie prosegue, incontra i suoi dipendenti e inizia a staccarsi dalle sue vecchie idee politiche.
Le piccole battaglie di Glenn Sturgis
Il primo piccolo cambiamento avviene quando l’importante più giovane, Cheyenne, interpretata da Nichole Sakura, è costretta a lavorare durante le ultime settimane di gravidanza e anche lui ammette che la situazione della giovane sia veramente ingiusta, nonostante lei non si lamenti mai. Per questo Glenn decide di sospendere Cheyenne dal lavoro per permetterle di trascorrere un po’ di tempo a casa e di riposarsi. L’azienda non glielo avrebbe, altrimenti, permesso.
Questo porterà al licenziamento di Glenn dal ruolo di manager e i dipendenti, uniti, decideranno di reagire con uno sciopero in sua difesa. Chiaramente, in quel frangente, riusciranno a porre delle condizioni alla società, per poter ripristinare la normale routine lavorativa.
L’idea di uno sciopero che si svolge tra i dipendenti per riavere un manager che ha tentato di aiutare una giovanissima neo mamma offrendole un congedo di maternità retribuito e che l’azienda non avrebbe mai concesso, è uno degli specchi della triste realtà in cui viviamo.